domenica 31 ottobre 2010

Un vuoto da colmare

di Carla Raffaeli
Ostra è, per tradizione, paese ricco di storia e di cultura. E ancor oggi, soprattutto per iniziativa di numerose associazioni locali, si può godere nel corso dell'anno di un ampio programma ricreativo e culturale nell'ambito della stagione teatrale, di Ostra Estate, e non solo. E generalmente la quantità non va a scapito della qualità.
Se in questo panorama positivo si può trovare un punto debole, esso è rappresentato non dall'offerta, ma piuttosto dalla partecipazione e dalla fruizione delle iniziative da parte di un pubblico che non sempre premia l'impegno degli organizzatori.
C'è però una questione, che peraltro questo foglio ha più volte segnalato, assolutamente anomala rispetto a un quadro culturale di valore: da oltre otto anni la Biblioteca Comunale è chiusa e da sempre manca un museo della città e del territorio.
Si è ormai affermata l'idea che un museo non debba essere una raccolta incartapecorita di oggetti d'arte e reperti del passato. Esistono già, e sono fruibili in tante città, anche piccole, suggestive reinterpretazioni e reinvenzioni del luogo museale in una dimensione aperta, diffusa, multimediale, moderna. Ma non è solo un problema formale di organizzazione e comunicazione; importante è l'oggetto, il contenuto della cultura, dell'arte, della storia locale che vogliamo raccogliere, organizzare, mettere in luce. E se i palazzi gentilizi e le chiese sono già pregiati contenitori di opere d'arte e oggetti di arredo, esiste un patrimonio di cultura materiale e popolare, come quello relativo al lavoro contadino e artigianale, che rischia di perdersi irrimediabilmente. E se le grandi opere architettoniche, aperte e rese fruibili a tutti, sono capaci di raccontare il passato e formare gusto, sensibilità, intelligenza nel presente, quello stesso racconto resta parziale, incompleto senza la rappresentazione e la narrazione del lavoro materiale che le ha concretamente realizzate.
Basti citare le raccolte di manufatti, strumenti, disegni che un artigiano ostrense, Mario Verzolini, ha messo insieme su una delle cento storie di famiglie artigiane che hanno dato fama e lustro alla nostra città. Ed è sufficiente riferire la domanda che più spesso gli ho sentito fare: "che fine farà tutto questo?".
Credo che il nostro "museo" debba nascere da una grande idea che abbracci passato, presente e futuro e cominci muovendo anche piccoli passi alla volta, mettendo insieme concretamente ciò che associazioni, famiglie, singoli cittadini possono offrire. Nessun "esperto titolato" dovrà disegnare da solo il percorso di questo "racconto".
La chiusura della Bibilioteca Comunale da più di otto anni è un fatto gravissimo. Dopo aver creduto agli annunci di imminente apertura e aver constatato invece, anche di recente, lo stato di assoluta precarietà di strutture e arredi, non si può non parlare di "sospensione di pubblico servizio". Certo si tratta di un servizio culturale, ma non per questo meno essenziale degli altri servizi, se si considera la promozione della lettura un obiettivo di civiltà, oltre che di conoscenza. Sono convinta che la sospensione sia nata dalle migliori intenzioni di riqualificare il servizio; ma non è giustificabile che, nel corso di lunghi anni, sicuramente segnati da difficoltà, non si sia provveduto ad attrezzare almeno una sala di pubblica lettura, almeno provvisoria.
Che cosa ha intenzione di fare in proposito la nuova Amministrazione? A circa un anno e mezzo dal suo insediamento, nel corso del quale avrà esaminato il problema, ha un progetto, magari piccolo, da proporre ai cittadini e realizzare a breve termine?.
Faccio una proposta, che si può realizzare, come iniziativa provvisoria, fin da domani: ogni famiglia ostrense regali un libro alla biblioteca, che l'Amministrazione metterà a disposizione dei cittadini in una sala pubblica.
Le associazioni locali non mancheranno di dare la loro collaborazione.

Il patto di stabilità

di Stefano Neri

In quest'ultimo periodo, si sta discutendo molto del patto di stabilità che condiziona in maniera importante la possibilità per gli amministratori degli enti locali di portare avanti le proprie scelte politico / amministrative.
Sulla base delle mie conoscenze, provo a spiegare ai lettori cos’è il patto di stabilità e come funziona.
Il patto trae le sue origini dalla necessità di garantire l’equilibrio delle finanze pubbliche dei vari stati aderenti all’Unione Europea (Patto di Stabilità e Crescita). Per raggiungere quest’equilibrio, in Italia, da diversi anni, lo stato ha coinvolto le regioni e gli enti locali assegnando loro specifici obiettivi attraverso il Patto di Stabilità Interno.
Si tratta di un meccanismo di calcolo che, ripescando alcuni dati di bilancio, mette insieme il saldo, tra entrate e uscite, della spesa corrente, contabilizzata con il principio di competenza, ed il saldo della spesa per investimenti, contabilizzata con il principio della cassa, vale a dire pagamenti ed incassi dell’anno. Dal calcolo finale deve risultare ogni anno un saldo finanziario positivo per un importo predeterminato e via via crescente. Tale meccanismo di calcolo non considera le entrate da assunzione dei mutui e le relative uscite per rimborso dei prestiti.
In sostanza, per quanto riguarda le spese in conto capitale, tra cui le opere pubbliche, ai soli fini del calcolo del rispetto del patto di stabilità, le entrate conteggiabili sono costituite solamente da:
- entrate in conto capitale (come gli oneri d’urbanizzazione)
- contributi in conto capitale a valere sulle opere da realizzare (contributi pubblici)
- entrate da vendite di beni costituenti il patrimonio comunale
E’ facile intuire che, se fino a pochi anni fa, per la realizzazione di un’opera pubblica, si poteva ricorrere all’accensione di un mutuo pubblico, l’esclusione dell’entrata derivante da quel mutuo dal meccanismo di calcolo, determina ora la quasi impossibilità di effettuare investimenti in opere pubbliche senza sforare il patto di stabilità (e subirne le pesanti conseguenze ad esso associate), salvo che non si disponga di elevate entrate in conto capitale (oneri di urbanizzazione), che s’inizi a dismettere il patrimonio pubblico dell’ente in favore di nuove opere oppure che l’opera sia in gran parte finanziata da contributi pubblici.
Poiché per le spese in conto capitale il calcolo è effettuato con il principio della “cassa” (vale a dire entrate ed uscite effettivamente registrate nell’anno), in passato alcuni amministratori di enti locali hanno cercato di superare l’ostacolo disponendo ugualmente la realizzazione delle opere, sicuramente necessarie, e rimandando all’anno successivo la maggior parte dei pagamenti riferiti a quell’opera, nell'attesa di individuare altre entrate (diverse dai mutui) che, ai soli fini del rispetto del patto di stabilità, potevano poi consentire l’esecuzione dei pagamenti rinviati.
Nel nostro Comune, da quanto è risultato da una recente dichiarazione dell’Assessore al Bilancio - Barigelli, pubblicata sulla stampa, sembra che negli anni scorsi, per riuscire a rispettare il patto di stabilità, sia avvenuto proprio questo. Si parla, infatti, di spostamento agli anni successivi di pagamenti per circa 660 mila euro per la ristrutturazione della scuola “Crocioni”.
Un modo corretto per rispettare il patto di stabilità, senza creare questi problemi futuri, che prima o poi sarebbero arrivati al pettine, sarebbe stato invece quello di prevedere un saldo positivo nella parte corrente del bilancio, attraverso una forte riduzione delle spese correnti. Tale saldo positivo, avrebbe potuto contribuire, ai fini del calcolo, al raggiungimento dell’obiettivo fissato dal patto di stabilità, senza dover rimandare i pagamenti dovuti.
Da questo punto di vista, purtroppo, negli anni passati, non si è operata questa scelta; anzi, grazie anche alle elevate entrate derivanti dagli oneri di urbanizzazione dovute al boom dell’edilizia (più di tre milioni di euro nei vari anni), le spese correnti hanno viaggiato sempre a ritmi fin troppo elevati e si è ricorso più volte all’utilizzo di parte delle entrate derivanti dagli oneri di urbanizzazione per coprire tali spese.
Ora, leggendo il bilancio di previsione 2010 del nostro Comune, si nota un cambiamento di rotta ed un riequilibrio della parte corrente di bilancio ma è ormai evidente che, a forza di ridurre le spese correnti, si sta ormai raschiando il fondo del barile.
A peggiorare la situazione è intervenuta la recente manovra dello scorso Luglio che, per contrastare la costante crescita del debito pubblico, ha ridotto notevolmente i trasferimenti dello stato a favore di regioni, province e comuni (a minori entrate dovranno corrispondere ulteriori riduzioni di spese correnti in aggiunta a quelle già operate, se si vuole mantenere sempre l’equilibrio di parte corrente).
Gli amministratori locali, a qualsiasi parte politica appartengano, sono tutti concordi nel giudicare l’ultima manovra di Luglio insostenibile per i bilanci degli enti locali ed hanno annunciato inevitabili tagli ai servizi.
Gli stessi amministratori chiedono a gran voce una revisione del meccanismo di calcolo del patto di stabilità che, così come concepito, sta limitando fortemente gli investimenti in opere pubbliche da parte degli enti locali. Da un recente convegno organizzato dalla provincia di Macerata, è emerso che sarebbero ben 90 milioni di euro le risorse che nel 2009 gli enti locali delle Marche (esclusi i comuni con meno di 5000 abitanti, estranei al patto di stabilità) non hanno investito in opere pubbliche o beni e servizi.
Nello stesso convegno è anche emersa la necessità, da parte delle amministrazioni pubbliche locali, di poter contare su risorse stabili nel lungo periodo, così da permettere una programmazione di medio e lungo termine degli investimenti.
Alla stato attuale, come riferito anche dall’Assessore Barigelli in un suo recente articolo di stampa, si conoscono i tagli operati dall’ultima manovra di Luglio mentre non si conosce ancora l’entità delle entrate per il 2011 derivanti dall’attuazione del federalismo fiscale che, almeno in parte, dovrebbero compensare questi tagli.
Si ritiene che queste informazioni debbano essere conosciute dai cittadini ostrensi affinché sia chiaro a tutti che, purtroppo, siamo entrati in un periodo di “vacche magre”. Dovremo tutti affrontare dei sacrifici e, molto probabilmente, dovremo rinunciare per il momento alla realizzazione di alcune opere pubbliche in attesa di periodi migliori che spero possano arrivare in tempi non troppo lunghi.

Scelte condivise per le opere pubbliche

L'articolo a firma Stefano Neri ci suggerisce alcune considerazioni. Condividiamo, data la più che probabile riduzione dei trasferimenti dallo Stato agli Enti Locali, la prudenza con cui l'Assessore al Bilancio intende affrontare le spese, comprese quelle destinate alle opere pubbliche. ricordiamo quelle ipotizzate dalla Giunta Olivetti: 1) rifacimento delle opere di urbanizzazione di Riviera di mezzogiorno e di Via del Teatro, 2)manto in erba sintetica nel campo polivalente coperto di Via Giovanni XXII; 3) lavori per rendere definitiva la rotatoria provvisoriamente realizzata presso la Frazione Casine; mentre si è detto no alla realizzazione della nuova palestra presso le Scuole Elementari del centro urbano, caldeggiata al contrario dalla attuale minoranza, perché - sostiene la maggioranza - si corre il rischio di non avere, nei prossimi anni, risorse finanziarie sufficienti per pagare le rate del mutuo, nonostante una copertura parziale (15%) assicurata da un Istituto di Credito privato.
Nel piano triennale delle opere pubbliche, presentato qualche mese fa al Consiglio Comunale, ha trovato posto la realizzazione presso l'area della ex fornace, di un presso di scuola materna al servizio delle frazioni Casine e Pianello. Per l'intervento è stata prevista una spesa di 900 mila euro. Certamente del tutto insufficienti.
Riteniamo più logico utilizzare questa somma per un intervento sul padiglione centrale (ex asilo nito) delle scuole elementari "Crocioni" perché, pur confermando la totale inadeguatezza della scuola materna di Casine, questo intervento ci sembra più urgente.
Oggi, alla nuova palestra, si è detto no. C'é da augurarsi, però, che non sia una decisione definitiva. Perché il giorno in cui si riuscisse a trovare i fondi per costruirla, si sarebbe realizzato un "piccolo campus" di scuola elementare. Naturalmente sarebbe anche necessario, su questo fondamentale punto che riguarda la critica situazione di tutte le nostre scuole, nessuna esclusa, trovare un punto di convergenza tra maggioranza e minoranza, per non correre il rischio che quello che si sta facendo oggi venga cancellato domani.
Ed anche per non correre un altro rischio, che, a fine quinquennio, ci si possa trovare di fronte a due incompiute: quella della scuola materna e quella, sempre più cronica ed insostenibile, della scuola elementare.

(b.l.)

Nel ghetto della Lega

di Carla Raffaeli
La Lega è sinceramente votata alla "semplificazione".
Non lo dimostra solo il minisro Calderoli dando fuoco a migliaia di carte obsolete; purtropo lo testimoniano altri leghisti di potere provando a dare alla fiamme principi costituzionalmente garantiti e, perfino, umanamente inoppugnabili.
E' il caso del presidente della Provincia di Udine, che propone di ripristinare nella scuola pubblica "percorsi differenziati" per gli alunni disabili perché l'integrazione scolastica non funziona, anzi crea problemi di apprendimento per chi ha difficoltà e rallenta il lavoro dei "normodotati".
Chi ha conosciuto le "scuole differenziate", dove pure non mancavano insegnanti specializzati e strumenti specialistici, sa che la classe formata solo da bambini e ragazzi con la stessa disabilità creava condizioni assolutamente difficili da gestire sia sul piano del recupero dell'handicap, sia a livello di formazione psico-affettiva e sociale.
Chiudeva i bambini nel ghetto della "diversità" separandoli dai coetanei, con i quali sarebbe stato sempre più difficile, anche in futuro, condividere situazioni di gioco o di lavoro. E tutto questo mentre è noto che un bambino apprende molto, dietro la spinta dell'amicizia e dell'emulazione, anche dai compagni di classe.
Ma l'aspetto che più mi interessa riguarda questo secondo versante: i "normodotati" (parola oltremodo pessima).
In un mondo in cui c'è il rischio di essere schiavi dell'aspetto fisico, del successo, del denaro e del consumo, con tutte le sofferenze che ogni delusione procura, c'è bisogno di capire che in ogni individuo c'è una persona di valore con i suoi limiti e le sue risorse. L'amicizia, la comprensione, l'affetto, la stima non sono legate a nessuno dei beni che la pubblicità reclamizza.
La gioia di una relazione autentica si costruisce in uno scambio di doni diversi. E quel bambino-ragazzo che non sente o non vede, non fa le cose come gli altri, insegnerà ai coetanei qualcosa di fondamentale, prima ancora che gli altri possano aver fatto qualcosa per lui.
Anche in questo caso si ripropone la necessità di un diverso sguardo sulle questioni: semplificare significa tornare all'essenza dei diritti e delle procedure, impegnarsi a risolvere meglio i problemi dell'integrazione attraverso una solida preparazione dei docenti, un'attenta formazione culturale e civile degli allievi, una collaborazione delle famiglie al progetto didattico.
Ogni scorciatoia intreccia invece le innegabili difficoltà a ulteriori nodi.

Viabilità: ora le proposte (della maggioranza e della minoranza)

di Bruno Landi

Non serve, a mio parere, ironizzare su quella riga bianca tracciata da Piazza dei Martiri fino all'altezza della farmacia Cioci.
E neppure su quella serie di "omini" che, all'interno della riga, indicano un ipotetico percorso pedonale. Dico ipotetico perché troppo spesso quello spazio, riservato ai pedoni, è abusivamente occupato da macchine, che vengono a trovarsi in una incredibile situazione di "doppio" divieto di sosta, già indicato dalla segnaletica verticale e ora anche da quella orizzontale.
Una scena curiosa si è verifica in uno dei primi giorni del provvedimento, quanto un autista ha fatto una decina di manovre per tentare di mettere la sua auto all'interno della riga bianca, Non riuscendoci avrà certamente pensato ad un errore da parte di chi aveva tracciato quella riga così stretta!
Fuori di curiosità, dico con estrema franchezza che la misura adottata non mi convince, E, penso, che non risolva il problema. Problema che investe, naturalmente, non soltanto Via Gramsci. Altre sono, infatti, le situazioni da affrontare e noi di "Buongiorno Ostra!" le abbiamo più volte richiamate. Riteniamo, quindi, inutile ripeterle.
Ho recentemente letto di tentativi effettuati da precedenti amministrazioni che ricordavano come non sia facile "conciliare le sacrosante aspettative dei pedoni con le esigenze dei servizi commerciali...". Vero.
Faccio allora una considerazione, che non è poi cosi ovvia o scontata: la viabilità non è né di destra né di sinistra. Lo dico perché nessuno, a parte timidi e non riusciti tentativi, é riuscito ad affrontare e risolvere alla radice il problema.
Lascio perdere, allora, il passato. Guardando al futuro, mi piacerebbe sentire, o meglio leggere, proposte serie, complessive sulla viabilità. E non solo per quanto riguarda le vie del centro storico.
Ognuno, maggioranza e opposizione, meglio se in una seduta pubblica del Consiglio Comunale, si assuma con chiarezza e fino in fondo le proprie responsabilità, facendo le sue proposte, a cui dovranno seguire atti deliberativi.
Ne sono certo: i cittadini sapranno apprezzare e valutare.

OPINIONI A CONFRONTO: il Cda della Casa di Riposo sceglie la Fondazione

di Antonio Maggiori
Presidente del Consiglio di Amministrazione della Casa di Riposo di Ostra

Con L.R. n. 5 del 26/02/2008, la Regione Marche ha disposto che le Case di Riposo dovevano optare per la trasformazione in Aziende Pubbliche di Servizi alla Persona (ASP), persone giuridiche di diritto pubblico o in Fondazioni (persone giuridiche di diritto privato) entro il 30.06.2010, termine successivamente prorogato al 30/06/2011.
Il Consiglio di Amministrazione (CdA), ha maggioranza, ha optato per la trasformazione in Fondazione di diritto privato senza scopo di lucro, decisione approvata dal Consiglio Comunale, con motivazione di ordine istituzionale e gestionale.
Si è voluto consolidare il principio di una struttura, la Casa di Riposo / Residenza Protetta, che è e dovrà restare patrimonio della Comunità ostrensi da cui ha avuto origine, anche se aperta alle necessità socio assistenziali dell’intero comprensorio, come previsto dal vecchio e nuovo Statuto. Non rischierà, quindi, di subire decisioni politico/amministrative sovracomunali penalizzanti, come avvenuto in occasione della chiusura della RSA di Ostra, che potrebbero in futuro essere assunte in caso di trasformazione in Azienda Pubblica.
E’ escluso ogni rischio di elusione del perseguimento degli obiettivi statutari, in quanto le finalità da perseguire sia per l’ASP che per la Fondazione sono quelle ben definite nell’atto costitutivo e nello Statuto, che sono formulati nel rispetto delle tavole fondative e della volontà dei benefattori e concordati con il Comune.
E’ assicurata la possibilità di beneficiare di contributi pubblici al pari della ASP; prova ne è il piano dei finanziamenti FAS 2007/2013 approvato con DGR 1823 del 09/11/2009, che tra i soggetti beneficiari dei contributi prevedete: Privato Sociale, Enti Locali, IPAB ed ex IPAB trasformate in ASP o in Fondazioni; questo in armonia con il contenuto della stessa L.R. 5/2008 che, all’art. 21, garantisce l’inserimento delle ASP e delle Fondazioni nel sistema integrato di interventi e servizi sociali e, ad entrambi, possono essere conferiti – dai Comuni e dagli Ambiti – attraverso accordi o convenzioni, ulteriori servizi rispetto a quelli attualmente svolti. E’, quindi, garantita, a pieno titolo, la convenzione con la zona territoriale n. 4 di Senigallia per il finanziamento della assistenza sanitaria ai 56 ospiti della Residenza Protetta che sarà a breve rinnovata fino a tutto il 2013.
Dal punto di vista gestionale, la Fondazione di diritto privato non è sottoposta a tutta una serie di adempimenti burocratico-amministrativi derivanti dalla rigidità delle procedure e dalla necessità di produrre una notevole quantità di documenti cui sono sottoposte le pubbliche amministrazioni e di controlli inutili che avrebbero ricadute negative sulla efficienza ed economicità della gestione e andrebbero a sommarsi ai maggiori costi per la figura del Direttore, prevista per l’azienda pubblica e molto onerosa in quanto a rapporto esclusivo, non sostenibile.
Anche sotto l’aspetto fiscale risulta complessivamente più vantaggiosa la gestione privata rispetto a quella pubblica.
In merito alla gestione del personale, essendo la materia regolata dal codice civile, quindi del tutto svincolata dalla legislazione pubblica in materia di acquisizione, gestione e contratti del personale, i contratti di lavoro UNEBA o simili, meno onerosi per l’Ente, renderebbero conveniente riprendere una politica di assunzioni giustamente sospesa da oltre 10 anni.
Caratteristica importante della Fondazione è la possibilità di acquisire l’adesione di nuovi “partecipanti” che possono alimentare il patrimonio.
In sintesi si ritiene che la Fondazione fornisca gli strumenti necessari per una più efficiente ed economica gestione della struttura a garanzia del proseguimento degli obiettivi statutari negli anni a venire.

OPINIONI A CONFRONTO: le ragioni di un no

di Abramo Franceschini
Consigliere IPAB
MoroniAntoniniMorganti” di Ostra

All’inizio dell’estate il CdA della”casa di Riposo” di Ostra, ha approvato n atto di indirizzo per la trasformazione della stessa in Fondazione, cioè in un Ente di diritto privato.
Ç’alternativa era quella di orientarsi verso una soluzione pubblica che avrebbe meglio conservato l’attuale natura dell’Istituto, scegliendo di diventare un’Azienda di Servizi alla Persona (ASP).
Vorrei evitare di addentrarmi in tediose dissertazioni riguardo problematiche e differenze legate alla gestione fiscale e amministrativa di ASP e Fondazioni e sfruttare questo spazio, gentilmente concesso, per portare alla luce alcune delle ragioni che mi hanno spinto, senza alcuna preclusione politica, a votare contro questo provvedimento di trasformazione.
Il principale deterrente utilizzato dalla maggioranza del Consiglio per caldeggiare la sua scelta è il timore che la struttura un giorno potesse essere chiusa e inglobata da altre, Una paura condivisibile ma facilmente esorcizzabile se solo si guardasse alla situazione delle altre Case di Riposo del territorio (tutte di dimensioni abbondantemente inferiori alla nostra) e con mente lucida si ragionasse sul trend della gestione dei servizi sanitari che si sta via via delineando nella nostra Regione.
Ci si accorgerebbe della volontà, sempre i più manifesta, di radicare e capillarizzare sul territorio strutture socio-assistenziali per la lunga degenza e la residenzialità (ASP, RSA, Residenze Protette, etc..) centralizzando invece quei settori che il politichese applicato alla sanità ha recentemente battezzato come “medicina della complessità”.
Insomma, il rischio per Ostra di perdere un Istituto come il nostro (che tra l’altro non possiede patrimoni e immobili al di fuori della struttura in cui risiede) scegliendo la gestione pubblica non ha alcuna ragione di esistere e sono fortemente portato a dubitare della buona fede di chi, per deviare acqua verso altri mulini, rivendica il contrario.
Anzi, probabilmente diventando Azienda di Servizi alla Persona, si sarebbero potute creare nuove opportunità e prospettive per il futuro della struttura. E’ chiaro che qualora ci saranno risorse da assegnare, finanziamenti, possibilità di potenziare o implementare nuovi servizi, le Fondazioni saranno le ultime ad essere prese in considerazione, essendo la Regione più propensa ad investire in strutture di cui può controllare i bilanci e certificare le attività.
Lo testimonia una situazione che si è già verificata nei fatti alcuni mesi fa. A seguito della partecipazione ad un bando regionale promossa dall’ex-presidente Paradisi, ci era stato conferito un contributo per la realizzazione di un impianto solare termino che avrebbe portato indiscutibili vantaggi alla struttura, sia in termini di consumo energetico che di risparmio economico. Parliamo di un finanziamento a fondo perduto che avrebbe coperto l’80% della spesa, circa 21 mila euro su un totale di 26 mila, un’opportunità come non se ne vedono di frequente. Poche settimane più tardi la Regione ha comunicato che il contributo sarebbe stato valido solo per quegli Istituti che non fossero diventati Fondazioni, Pertanto il progetto è saltato e 21 mila euro sono stati buttati all’aria.
Un altro punto a favore dell’ASP sarebbe stata l’introduzione di una figura dirigenziale, di cui, specie tra i dipendenti, si riscontra la necessità.
Infine un’ultima riflessione, certamente non secondaria. Il bilancio della nostra Casa di Riposo è tenuto in piedi grazie ad un contributo dell’AUR 4 di oltre 400 mila euro, soldi pubblici legati a un consistente numero di posti letto della cosiddetta “Residenza Protetta” che diversi anni fa una buona gestione politico-amministrativa dell’Ente è riuscita ad accaparrarsi. Grazie a questo contributo la Casa di Riposo di Ostra è stata in grado di offrire un servizio di qualità a fronte di rette tra le più competitive del territorio e di costruire un discreto avanzo di amministrazione, fondamentale per far fronte ai numerosi interventi di manutenzione e adeguamento, richiesti da una struttura datata.
La Fondazione una forma giuridica in cui il controllo sulla gestione e sui bilanci risulta essere fortemente circoscritto rispetto alle odierne IPAB: scompare infatti ogni forma di supervisione da parte della Regione, della Corte dei Conti e di ogni altra istituzione sovracomunale.
Per cultura personale e per un’idea alta che ho dell’amministrazione della Cosa Pubblica, non posso ritenere auspicabile che soldi della collettività destinati al sostentamento dei ricoverati e al miglioramento dei servizi offerti, possano essere gestiti da enti che in maniera ibrida ricadono a tutti gli effetti all’interno del diritto privato, seppur trincerati dietro un rassicurante “senza scopo di lucro”. La maggioranza del CdA aveva previsto nello Statuto imprecisati emolumenti e rimborsi per i consiglieri, che a seguito di una battaglia personale sono riuscito a far abrogare nella versione approvata in consiglio comunale.
Concludendo, io credo fermamente che nella gestione di enti come il nostro che hanno nella loro ragione d’essere la salute, l’assistenza e il tenesse delle persone (ancor più di quanto sono soggetti deboli come anziani o disabili) debba essere garantito un assoluto rigore, magari dimenticandosi di alcune regole (o interessi) che solitamente valgono per il libero mercato.
L’unica stessa polare da seguire non può che essere la volontà di offrire il miglior servizio possibile in relazione a rette massimamente contenute.
Senza dimenticare mai che dietro a ogni retta ci sono le pensioni e i risparmi di chi ha lavorato una vita per pagarsi quella che probabilmente sarà la sua ultima casa o i sacrifici di familiari che da soli non riescono più a custodire i propri cari.

mercoledì 30 giugno 2010

Ostra e dintorni: la crisi occupazionale, qualche dato

Questo foglio torna a occuparsi della situazione economico-occupazionale nel nostro territorio, aggiungendo altre voci, questa volta soprattutto di imprenditori, a quelle cui abbiamo dato spazio nel numero precedente.
Ci guida la convinzione che troppe volte i giudizi si basino non su dati e testimonianze precise, ma sul “sentito dire”.
Partiamo dunque dai dati, fornitici questa volta dal Centro per l’Impiego, l’Orientamento e la Formazione (C.I.O.F.) della CGIL di Senigallia. I primi sono dati sintetici che comparano la situazione nel primo quadrimestre degli anni 2008, 2009 e 2010, considerato il fatto che non sono ancora disponibili i dati ISTAT nella loro entità definitiva.


________I quadr. 2008 __I quadr. 2009 __I quadr. 2010
Femmine ______295_________ 445__________ 541
Maschi ________219_________ 483__________ 394

totale ________ 514 _________ 928 __________935


Il quadro, che si riferisce alla situazione nel CIOF Senigalliese facendo riferimento tuttavia alla sola autocertificazione, riporta dati significativi per l’accelerazione e l’ampliamento del fenomeno, oltre che per il divario sempre più consistente tra disoccupazione maschile e femminile, a sfavore di quest’ultima.


Ma andiamo alla situazione dettagliata dei Comuni della Valle Misa-Nevola. È importante collocarli in un contesto più ampio e, in attesa dei dati definitivi del 2009, possiamo farci un’idea dell’andamento del tasso di disoccupazione in Italia e nelle Marche raffrontando il I trimestre degli anni 2008 e 2009

_________________ITALIA _____MARCHE
2009 (I trimestre) ____7,3% ____ 6,6%
2008 (I trimestre) ____6,1% ____ 4,5%

Il tasso di disoccupazione nelle Marche è inferiore a quello complessivo dell’Italia, ma come si vede ha avuto una più forte accelerazione nel 2009.
Il CIOF ci dice che il numero delle persone disoccupate è cresciuto notevolmente nel 2009 arrivando a 4.680 unità.Mancando di una specifica competenza di analisi dell’andamento demografico-occupazionale, ci limitiamo ai dati che parlano con maggiore evidenza.


Flusso dei disoccupati per Comune in rapporto alla popolazione in età lavorativa

Comune _______Femm. % _Maschi % _Totale %

Barbara __________4,73___ 4,05______ 4,39
Castel Colonna ____6,70___ 5,65______ 6,18

Castell. Suasa _____4,82___ 4,06______ 4,43
Corinaldo _________6,62___ 3,54______ 5,03
Monterado ________5,12___ 6,63______ 5,89
Ostra ____________3,37___ 3,09______ 3,23
Ostra Vetere______ 5,40___ 3,04 ______4,22
Ripe _____________6,62___ 5,28______ 5,95
Senigallia ________ 5,81___ 5,35______ 5,58
Serra de’ Conti ____5,33____5.92 ______5,63

totale ______5,55___4,94______ 5,25
(dati al 31/12/09 – Fonte JobAgency)

Leggendo tra i numeri possiamo registrare che i Comuni della Valle, con tre sole eccezioni, hanno una percentuale di disoccupazione inferiore a quella delle Marche e dell’Italia. Ostra occupa addirittura l’ultima posizione con la percentuale più bassa.
Anche questi dati confermano un fatto che storicamente si ripete. Le donne non solo hanno maggiore difficoltà a trovare un’occupazione, ma subiscono ancor più degli uomini il flusso di disoccupazione. Sul primo fenomeno incidono soprattutto la scarsità e il costo elevato dei servizi ai bambini in età prescolare, la difficoltà di conciliare impegni casa-famiglia con orari di lavoro. Sul secondo influisce la tipologia preminente di occupazione femminile nelle aziende manifatturiere dell’alimentazione e dell’abbigliamento. Quest’ultimo settore risulta oggi particolarmente in crisi per il diffondersi della delocalizzazione delle aziende in altri Paesi, della concorrenza nei processi di produzione e commercializzazione da parte dei paesi emergenti. Lo sanno bene le donne che hanno visto chiudere la maggior parte delle industrie di confezioni proprio nel territorio della Valle.
Non basta prendere atto della situazione. Occorre chiedersi che cosa si può e deve fare per riavviare il processo di sviluppo agendo sul volano del sostegno all’imprenditoria, sulla formazione e riconversione delle competenze dei lavoratori, sui servizi alle famiglie. Si tratta di un impegno che coinvolge tutti: le categorie imprenditoriali e lavorative, gli istituti finanziari, le istituzioni a partire dai Comuni. Questi ultimi, in particolare, debbono sviluppare il carattere consortile delle iniziative e dei servizi per rispondere meglio alle esigenze della crisi in atto, in termini di economicità, tempestività ed efficacia degli interventi.

Una locale ditta del settore dell’abbigliamento

Facendo seguito a quanto apparso nel precedente numero di Buongiorno Ostra, circa l’attuale situazione economica delle aziende locali, abbiamo raccolto la testimonianza di una ditta artigiana che è sul “campo di battaglia”.
La ditta di confezioni di abbigliamento di Ostra, nei prima anni dalla nascita (1986), ha vissuto il boom proprio del settore: continua crescita delle commesse di lavoro (fino a 20.000 capi a stagione) e conseguente aumento del personale: nel 1990, contava 12 dipendenti. Ma alla fine degli anni novanta per l’impresa inizia la crisi. In particolare, nel 1998, la principale ditta per cui lavorava ha trasferito la produzione all’estero, riducendo drasticamente le commesse e da allora ha dovuto ricercare continuamente il lavoro, accontentandosi spesso di quello di “seconda mano”, ovvero quello in cui i margini di guadagno sono bassissimi.
Oggi, la ditta artigiana è rimasta con 3 operaie e sta attraversando il periodo più difficile della sua storia e teme che il peggio ancora dovrà capitare se le condizioni non muteranno. In merito, la titolare ritiene che sia necessario lo sviluppo di più fattori, di seguito riepilogati, per migliorare la propria situazione e quella delle altre aziende del settore.
Innanzitutto, il mercato del tessile e dell’abbigliamento dovrebbe essere meglio regolamentato: la manodopera, in particolare quella straniera, va legalizzata, il sommerso va controllato, perchè fin tanto che sarà concesso il lavoro a coloro che non rispettano le regole, per le ditte locali sarà sempre più difficile sopravvivere. Il Governo, inoltre, dovrebbe provvedere a ridurre il costo dei dipendenti: finora, nei periodi in cui il lavoro non c’era, la ditta ha usufruito della cassa integrazione che le ha consentito di non licenziare le operaie, ma considerato che la stessa indennità sociale sta per esaurirsi, la titolare teme per il futuro delle proprie dipendenti.
Le banche dovrebbero essere più solidali con le piccole aziende; in questo momento critico stanno, invece, limitando la concessione del credito, soprattutto di quello commerciale che procura immediata liquidità all’azienda, come ad esempio le operazioni di anticipo delle fatture. A ciò, si aggiungono le difficoltà nel recuperare il credito vantato nei confronti dei sempre più numerosi clienti insolventi. Anche le locali associazioni di categoria che non sembra abbiano dato un impulso importante per la ripresa del settore, dovrebbero adoperarsi per meglio rappresentare le imprese nei “palazzi” che contano, a vantaggio del mercato dell’abbigliamento e del tessile. Infine, la titolare auspica una maggiore cooperazione tra le aziende locali che operano nel suo stesso settore.
Ma nonostante le quotidiane difficoltà, la continua ricerca del lavoro che “non sia una rimessa”, la titolare desidera continuare la sua attività, quella per cui ha impiegato la vita e confessa che oggi è la “tigna” che la fa andare avanti.

“La nostra terra è il mare"

Pelliccia srl dei fratelli Gabriele, Gianni e Adriano, impresa lavori marittimi, è nata con il maggiore dei tre fratelli, Gabriele, ben 47 anni fa. Gli inizi, come per tutti i giovani di allora, pieni di buona volontà, ma privi di specifiche esperienze, è cominciata come “fabbri di campagna”. E’ proseguita con gradualità, con grande impegno, fino ad arrivare al salto di qualità attorno alla metà degli anni ’80. Gabriele, un autentico “self made man”, nel corso di questi lunghi anni ha conosciuto tante imprese impegnate nei lavori sul mare. Il suo è stato un costante “apprendistato”, un incessante “corso di aggiornamento”. E, oggi, con una certa soddisfazione, ci dice che molti di questi colleghi li ha raggiunti e anche superati.
Grandi commesse per grandi lavori da eseguire con macchine poderose. Che escono dall’officina di Pianello dove lavorano attualmente circa 20 operai e quattro impiegati.
Altri operai, pochi delle nostre parti, si trovano sul cantiere del porto turistico di Fiumicino.
Altri ancora sul porto turistico della cooperativa pescatori di Salerno, cantiere al quale i fratelli Pelliccia forniscono le attrezzature.Lavoro complesso. Concorrenza anche internazionale. “Non è facile stare sul mercato.

Occorre essere molto competitivi ed avere personale molto qualificato”. E, almeno, per questa impresa di Pianello non sembra esserci aria di crisi. Tutt’altro. Tanto che Gabriele ci dice:”Si parla tanto di lavoro, di occupazione. Eppure se noi cerchiamo un operaio facciamo fatica a trovarlo”.
Nessun problema, e considerato ciò che si sente dire in giro, anche questa è una notizia, neppure con gli istituti di credito.
E’ soddisfatto il maggiore dei fratelli Pelliccia.
Ed è pure fiducioso per il futuro dell’azienda, che finirà molto probabilmente nelle mani di suo figlio e di suo nipote.

Dal biroccio al tavolo

Aristodemo Bernacchia, per gli amici “Nino”, è l’ultimo discendente di una famiglia che per secoli ha lavorato il legno. Naturalmente il nonno, il bisnonno e, per molti anni anche il babbo Santino, fabbricavano “birocci”. Poi, quel mercato si è esaurito e la ditta Bernacchia si è orientata sulla produzione di tavoli.
Nino è approdato alla bottega paterna, trasferitasi da Ostra a Pianello circa alla metà degli anni ’50, appena finiti gli esami di terza media. Quella di orientarsi sulla produzione di tavoli è stata certamente una felice intuizione, perché – “pur dovendo fare i conti con i mutevoli gusti del mercato” - il prodotto ha sempre tirato.
Dieci operai in fabbrica rappresentano una presenza costante; così come il lavoro decentrato a tante piccole aziende artigiane della nostra regione.
Anni fa la ditta esportava tavoli in molti paesi europei e anche in taluni extraeuropei; oggi il mercato è prevalentemente quello italiano. Con una eccezione: la Russia e anche un po’ di Siberia, dove grazie alla presenza di un nostro concittadino, che fa la spola tra l’Italia e Mosca, è nato un mercato interessante.
Molta produzione finisce a grossisti veneti, che rivendono in tutto il territorio nazionale.
L’azienda ha, comunque, suoi clienti, anche in regioni come la Sicilia, la Calabria e la Puglia, da dove partono molti carichi di tavoli per la Grecia.
Il lavoro, quindi, non manca. E’ necessario, però, adeguarsi continuamente ai prezzi della concorrenza internazionale, particolarmente quella dei paesi emergenti.
Ed anche il rapporto con le banche, particolarmente quella locale, è buono.
Una curiosità, infine. Una quindicina di anni fa, la ditta si era avventurata sul riciclaggio di materiale plastico. Una lavorazione quasi pionieristica per la nostra zona. La fabbrica lavorava 24 ore su 24, con macchine inevitabilmente rumorose. Troppo rumorose, almeno per le abitazioni vicine alla fabbrica. Conseguenti le proteste dei residenti.
E, dopo cinque-sei anni, inevitabile è stata la chiusura di questa interessante lavorazione.
Purtroppo è impossibile - conclude Bernacchia - far convivere le zone produttive con quelle abitative.

“Puntare su qualità ed eccellenza”

Un anno in salita, il 2010”. Comincia così la nostra chiacchierata con Fabio Luzi, titolare insieme al fratello Fabrizio, dell’azienda, nata 30 anni fa con il solo Fabio, mentre Fabrizio completava il corso degli studi.
Un tempo l’azienda occupava 11 operai. Oggi, con una crisi che “ci ha portato indietro di 15 anni”, ne sono rimasti 6, più i due fratelli.
Un 2010 che procede all’insegna della grande preoccupazione per molte aziende: ben 153, infatti nel senigalliese, afferma Fabio, Presidente della Confartigianato di Ostra e Ripe, hanno cessato quest’anno la loro attività.
Per superare la crisi, continua Luzi, è necessario puntare sulla qualità e sulle eccellenze, requisiti in possesso delle nostre piccole e medie imprese. Qualità che deve essere ricercata in tutti i campi e pretesa non solo dai produttori, ma anche dai consumatori. Non è tempo di piangersi addosso. Dobbiamo avere stima di noi stessi, credere nelle nostre capacità. La nostra, certo non da oggi, è “una civiltà delle eccellenze”. Patrimonio che dovremo non solo conservare, ma anche accrescere, difendendo l’artigianato, fatto di una infinità di piccole imprese, “motori inossidabili”, che sanno trasmettere valori, tradizioni, impegno ed entusiasmo.
Questo il “messaggio” che Fabio Luzi lancia alle centinaia di suoi colleghi, ai quali chiede di credere che “lavorare non significa solamente produrre reddito, ma significa anche produrre qualità ed eccellenza, affinché il consumatore rifiuti il brutto e il mediocre e scelga il “made in Italy”. Per uscire dalla crisi serve più professionalità, più capacità imprenditoriale. Se vogliamo, questo è il segreto per ritornare ad avere un territorio più forte e assicurare un futuro alle nostre famiglie ed in particolare ai giovani”.

Edilizia: timida ripresa

Carlo Paradisi, dell’impresa “Paradisi costruzioni”, sottolinea che tra il 2007 e il 2008 la crisi edilizia è stata rilevante e ha visto il crollo verticale delle vendite.
Una lieve ripresa si è registrata nel corso del 2009 concretizzando la quantità delle vendite tra la fine del 2009 e il primo semestre del 2010.
Naturalmente la debolezza del mercato ha avuto riflessi pesanti sull’occupazione e ha richiesto all’Azienda una strategia volta a un’oculata gestione del personale. Mentre tecnici e amministrativi hanno potuto mantenere il posto di lavoro attraverso una gestione flessibile dell’orario e un accorto utilizzo della cassa integrazione, sul versante degli operai si è cercato egualmente di evitare il licenziamento, ma non si è potuto rinnovare i contratti a termine.
Nonostante la ripresa, nulla è più come prima. Se la richiesta di informazioni è dinamica e vivace, l’interesse all’acquisto della casa si concretizza con più difficoltà in un atto di compra-vendita.
Inoltre l’imprenditore è molto più attento e accorto nella trattativa in quanto non è più lui a dettare le condizioni, ma un mercato dove la concorrenza e la conseguente tendenza a ridurre il prezzo sono dominanti.
Certamente è cambiato anche il rapporto con gli istituti finanziari, che esigono ben più solide garanzie sia all’acquirente che alle imprese. Le banche non rifiutano il loro sostegno alle imprese, ma sono loro a dettare le condizioni e non sono più disposte alla copertura totale del debito, ma solo a sostenerne una quota.
Per l’edilizia si aprono comunque orizzonti molto interessanti, soprattutto nell’ambito delle nuove tecnologie richieste dalle disposizioni, oggi assai difformi da regione a regione, sulle caratteristiche termiche delle abitazioni. Se fino a ieri era richiesto alle nuove costruzioni la più bassa dispersione possibile di calore, oggi il criterio ormai affermato riguarda il più basso consumo energetico possibile.
È un processo di innovazione destinato a valorizzare l’obiettivo dello sviluppo sostenibile nell’ambito dell’edilizia con importanti riflessi tecnologici, occupazionali e di mercato.

Maledetta viabilità

Ma chi l’ha detto che una piccola minoranza di cittadini indisciplinati debba avere il sopravvento su centinaia di persone, di cui molti anziani e bambini, costrette a fare slalom tra le macchine in soste e quelle di passaggio, a loro rischio e pericolo?
E’ quanto succede ad Ostra, e non solo nel centro storico dove, da un’infinità di anni, imperversa “sosta selvaggia”.
I segnali, sembra ovvio ma non lo è, vanno rispettati. E chi non li rispetta è giusto che venga punito con una ammenda. Se invece non si vuole o non si riesce a farli rispettare, è più corretto e giusto toglierli. La storiella che ci sono pochi Vigili Urbani, o che quelli che ci sono non hanno il tempo per effettuare i controlli, non regge. In verità non c’è alcuna volontà di affrontare decisamente il problema. Se i controlli venissero attuati sistematicamente, almeno per un certo periodo, in breve tempo la situazione si “regolarizzerebbe”.
La critica non riguarda soltanto gli attuali amministratori, perché nessuno, neppure nel passato più remoto, è mai riuscito a debellare questo “fenomeno”. Che - a ben guardare – è tutto ostrense: gli altri paesi a noi vicini, infatti, hanno saputo affrontarlo e risolverlo.
Da qualche mese è al lavoro una commissione appositamente costituita per affrontare il problema. L’unica soluzione ipotizzata sembra riguardare, per il momento, la sola Via Gramsci. E non si capisce perché non anche Corso Mazzini, ed altre vie, come un bel tratto di Viale Matteotti, dove il problema è altrettanto pesante. Lungo il Viale, dopo il semaforo, si dovrebbe parcheggiare solo su un lato. Meglio ancora sarebbe utilizzare, per la sosta, l’ampio piazzale davanti alla Chiesa dei Cappuccini.
Provo ora ad avanzare due proposte: una per Via Gramsci, dove andrebbero posizionati due paletti e una catenella all’imbocco, altezza Foto Ubaldi-Edicola Barchiesi. Si parcheggia in Piazza Grande, dove ausiliari del traffico (ecco l’altra proposta) controllano il disco orario.
Altro comodo e ampio parcheggio anche in Largo XXVI Luglio dove, almeno fino al Cippo dei Partigiani, vige il disco orario.Si istituisce una pensilina a fianco dell’ex panificio Sdruccioli, dove verranno posizionati carrelli porta spesa. Cominciamo da qui. E poi andiamo avanti, sapendo perfettamente che ci sarà chi condivide e chi, invece, sarà decisamente contrario. La peggiore delle decisioni, però, resta sempre quella di non decidere
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Bruno Landi

venerdì 30 aprile 2010

Nate 46 aziende in tre mesi. Performance migliore di tutta la provincia. In ripresa il settore tessile; edilizia e metalmeccanico ancora in difficoltà

Abbiamo chiesto al Dr. Giacomo Cicconi Massi, Responsabile mandamentale della Confartigianato, di illustrarci sinteticamente l’andamento del settore artigiano nel nostro territorio.
Lo ringraziamo per il prezioso contributo.
Nel primo trimestre 2010 sono nate, nel nostro comprensorio (Valli Misa e Nevola) 46 nuove aziende. Questo è quanto emerge dai dati elaborati dal centro studi Confartigianato sulle aperture di aziende tra gennaio e marzo 2010. Sono dati che denotano come, nonostante la congiuntura economica sfavorevole che stiamo attraversando, il territorio abbia una gran voglia di reagire e di lasciarsi alle spalle i momenti di grave difficoltà che hanno piegato l’economia dei nostri Comuni. Alle 46 nuove iscrizioni all’albo artigiani fatte registrare nelle valli in questi tre mesi, seguono 28 cessazioni e dunque il bilancio è di + 18.
Nel Comune di Ostra ci sono state 4 iscrizioni (2 nel settore dell’edilizia, 1 nel legno e 1 nella meccanica) a fronte di 2 cessazioni con un bilancio positivo di + 2.
Il bilancio del nostro comprensorio, se paragonato a quello di altri distretti che fanno registrare o il segno meno o una modesta crescita, è senz’altro il più positivo. Tuttavia se i dati inducono ad un cauto ottimismo ed i settori tessile e legno fanno registrare buone performance (tessile con ben 10 nuove aziende a fronte di 3 cessazioni, legno con 7 iscrizioni e 4 cessazioni, +3) un’analisi sui parametri aziendali di bilancio e quindi sul fatturato, sugli utili e sull’occupazione mostrano come la ripresa sia ancora piuttosto lontana. La situazione finanziaria di molte aziende continua ad essere particolarmente difficile e gli utili si sono drasticamente ridotti (- 20% - 30% nei casi migliori). A reggere meglio economicamente e finanziariamente rimangono certamente le aziende che hanno investito innovando i processi produttivi e puntando sulla qualità, assieme a quelle operanti in conto proprio. Per le imprese costrette invece a lavorare per conto terzi perdura purtroppo una situazione finanziaria critica.
Che cosa poter fare dunque per arginare la crisi? La Confartigianato, proprio per andare incontro alle mutate necessità imprenditoriali ha sviluppato, a fianco degli strumenti tradizionali (credito, contabilità e paghe), dei servizi innovativi basati sulla definizione di un “Piano Strategico”, di strumenti avanzati di “Marketing”, su un accurato “Controllo di gestione” e facendo un’attenta “Pianificazione finanziaria”. “Solo così, investendo sulla qualità dei servizi erogati, saremo in grado di poter aiutare le nostre imprese a superare questo difficile momento”. Una mano importante a tutto ciò potrebbe arrivare anche dal turismo. Ostra con il suo centro e le sue bellezze e la Confartigianato con alcune iniziative importanti quali la Mostra Nazionale di Antiquariato unita ad alcuni progetti tesi alla valorizzazione del territorio e dell’artigianato artistico, potranno rappresentare una importante risorsa, alternativa o complementare al turismo della spiaggia e della costa.
Iscrizioni e cessazioni nel SENIGALLIESE nel primo trimestre 2010 (Gennaio-Marzo)Fonte: Centro Studi Confartigianato su dati Albo Imprese artigiane

Comuni Iscrizioni Cessazioni Saldo
Barbara 0 0 0
Castelcolonna 2 0 2
Castelleone di S. 0 2 -2
Corinaldo 5 1 4
Monterado 3 2 1
Ostra 4 2 2
Ostra Vetere 0 0 0
Ripe 5 4 1
Senigallia 27 17 10

Totale Senigalliese 46 28 18


Settori Iscrizioni Cessazioni Saldo
Tessile 10 3 7
Alimentari 3 1 2
Stampa grafici affini 2 0 2
Edilizia 9 10 -1
Fotografi e affini 2 0 2
Legno 7 4 3
Metalmeccanica 6 6 0
Parrucchieri e affini 4 2 2
Trasporti cose e pers. 1 0 1
Attività e servizi vari 2 2 0

Totale Senigalliese 46 28 18
di Giacomo Cicconi Massi