mercoledì 30 giugno 2010

Dal biroccio al tavolo

Aristodemo Bernacchia, per gli amici “Nino”, è l’ultimo discendente di una famiglia che per secoli ha lavorato il legno. Naturalmente il nonno, il bisnonno e, per molti anni anche il babbo Santino, fabbricavano “birocci”. Poi, quel mercato si è esaurito e la ditta Bernacchia si è orientata sulla produzione di tavoli.
Nino è approdato alla bottega paterna, trasferitasi da Ostra a Pianello circa alla metà degli anni ’50, appena finiti gli esami di terza media. Quella di orientarsi sulla produzione di tavoli è stata certamente una felice intuizione, perché – “pur dovendo fare i conti con i mutevoli gusti del mercato” - il prodotto ha sempre tirato.
Dieci operai in fabbrica rappresentano una presenza costante; così come il lavoro decentrato a tante piccole aziende artigiane della nostra regione.
Anni fa la ditta esportava tavoli in molti paesi europei e anche in taluni extraeuropei; oggi il mercato è prevalentemente quello italiano. Con una eccezione: la Russia e anche un po’ di Siberia, dove grazie alla presenza di un nostro concittadino, che fa la spola tra l’Italia e Mosca, è nato un mercato interessante.
Molta produzione finisce a grossisti veneti, che rivendono in tutto il territorio nazionale.
L’azienda ha, comunque, suoi clienti, anche in regioni come la Sicilia, la Calabria e la Puglia, da dove partono molti carichi di tavoli per la Grecia.
Il lavoro, quindi, non manca. E’ necessario, però, adeguarsi continuamente ai prezzi della concorrenza internazionale, particolarmente quella dei paesi emergenti.
Ed anche il rapporto con le banche, particolarmente quella locale, è buono.
Una curiosità, infine. Una quindicina di anni fa, la ditta si era avventurata sul riciclaggio di materiale plastico. Una lavorazione quasi pionieristica per la nostra zona. La fabbrica lavorava 24 ore su 24, con macchine inevitabilmente rumorose. Troppo rumorose, almeno per le abitazioni vicine alla fabbrica. Conseguenti le proteste dei residenti.
E, dopo cinque-sei anni, inevitabile è stata la chiusura di questa interessante lavorazione.
Purtroppo è impossibile - conclude Bernacchia - far convivere le zone produttive con quelle abitative.

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