giovedì 31 dicembre 2009

Una macchina comunale più snella ed efficiente

Ridotto il numero dei “ settori”

Nel corso di un incontro che l’Amministrazione Comunale ha tenuto con i cittadini, il Sindaco Olivetti ha comunicato l’avvenuto avvio di una profonda modifica nell’organizzazione della macchina comunale, che passa attraverso queste fasi:
- sostituzione del Segretario Comunale;
- riduzione del numero dei settori mediante accorpamento dei due settori tecnici e finanziari;
- digitalizzazione del protocollo comunale, che quindi da cartaceo diviene informatico, rendendo più rapide le operazioni e riducendo il consumo di carta;
- nuova organizzazione del lavoro degli operai, con l’istituzione della figura del “capo-squadra” che non si raccorda più con il responsabile dell’ufficio tecnico ma direttamente con l’assessore ai Lavori Pubblici, al quale giungono le segnalazioni, e che funge da coordinatore dei lavori.
Il Sindaco ha anche annunciato che si procederà presto al riposizionamento degli uffici secondo la disposizione originaria (ufficio tecnico vicino all’ufficio urbanistica ed ufficio tributi vicino all’ufficio ragioneria).
E’ indubbio che questa riorganizzazione contribuirà a rendere più snella la macchina comunale.
Modello in legno del Palazzo Comunale,
realizzato dall'artigiano Mario VerzoliniSi libereranno inoltre risorse da destinare ad altre mansioni, vedi ad esempio il responsabile lavori pubblici che, liberato dall’impegno di coordinare gli operai, ha ora la possibilità di redigere progetti interni all’Ente, riducendo i notevoli costi delle consulenze esterne, cui si era fatto ricorso in passato (geometri, architetti, ingegneri ecc…).
Il dimezzamento del numero dei Capi-Settore, porterà inoltre ad una evidente riduzione dei costi per le spese del personale. Tra l’altro, recentemente, la Corte dei Conti, proprio su questa voce di bilancio, ha rilevato che negli ultimi 5 anni il costo del personale è passato da €. 1.462.000 del 2004 ad €. 1.591.000 del 2008 con un incremento di €. 129.000 (+ 8,8%) e ciò in contrasto con quanto prevede l’art. 1, comma 557, della legge 296/2006, che impone ai Comuni di assicurare la riduzione delle spese di personale, anche attraverso la razionalizzazione delle strutture burocratico/amministrative.
Va dato merito a questa Amministrazione di aver saputo affrontare sin da subito la questione individuando soluzioni idonee. Il provvedimento della riduzione dei Capi-Settore assume ancora maggior valore se si pensa che, a suo tempo, la decisione di aumentare il numero dei settori era stata assunta sul finire degli anni ‘90, quasi al termine del mandato, dalla Giunta Morganti, di cui facevano parte, come assessori, l’attuale Sindaco e alcuni componenti della Giunta odierna.
Auspichiamo che questo cambiamento sia solo un primo passo verso un nuovo modo di concepire il funzionamento degli uffici comunali che dovrà rispondere sempre di più a criteri di efficienza, efficacia ed economicità, premiando solamente coloro che raggiungono i risultati prefissati ed escludendo dai benefici chi non li raggiunge, ponendo fine alla consueta pratica degli incentivi “a pioggia”.
Questo rappresenta per noi un segnale positivo che ci fa ben sperare per il futuro
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Stefano Neri - Bruno Landi

La parola agli immigrati

Siamo convinti che la conoscenza reciproca, fatta di ascolto e rispetto vicendevoli, sia una grande opportunità per le persone che hanno origine e cultura diverse. Ci siamo fatti raccontare da alcuni nostri concittadini le loro storie di emigrazione. A quelle affianchiamo ora altre storie, di immigrati nella nostra città. Storie diverse e simili al tempo stesso, pur nel variare dei tempi, delle provenienze e delle direzioni.
Testimonianze su cui riflettere e, senza pregiudizi, orientare i nostri comportamenti.
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Isvet Pograxha è di Durazzo ed è il primo albanese ad essere arrivato ad Ostra, il 6 luglio 1991. In uno di quei traballanti barconi della speranza che ogni giorno attraversavano l’Adriatico, è giunto a Brindisi. Erano in 40 e un prete li accolse in un campeggio. Con lo “smistamento” Isvet finì a Taranto da dove venne trasferito ad Ancona. Qui ancora un prete dell’Istituto “Buon Pastore” gli diede assistenza e lo informò che ad Ostra una impresa edile cercava manodopera, così che si trasferì nella nostra città. Pograxha ricorda con riconoscenza Don Dario Barbaresi, allora arciprete parroco di Santa Croce: “Per me ha pensato a tutto: davvero un prete e un uomo straordinario”.
Era già sposato, Isvet, quando giunse in Italia. La moglie lo raggiunse successivamente. Dei due figli, nati in Italia, il più grande, Matteo, frequenta con buon profitto il liceo scientifico e il babbo assicura che si iscriverà alla Università. Anche i genitori di Isvet, che da anni lavora in fabbrica, sono qui con la sua famiglia. E da sei mesi circa Pograxha è cittadini italiano.
Si sente ancora, comunque, molto legato al suo Paese, dove ritorna una volta all’anno a trascorrere le vacanze. Pensa però di rimanere per sempre in Italia, della quale è innamorato. “Un Paese meraviglioso, dove mi sono perfettamente integrato” senza problemi. Conclude affermando che in nessun’altra parte d’ Italia si potrebbe stare meglio che ad Ostra.
Ilir Prendi, albanese di Lushnje, una città che dista circa 100 chilometri dalla capitale Tirana, è arrivato in Italia nel 1994, naturalmente spinto dalla necessità di trovare un lavoro e crearsi un futuro migliore.
Dopo un breve periodo trascorso a Cingoli, è arrivato nella nostra città, dove tutt’ora risiede con la sua famiglia. Era già sposato Ilir quando, molto giovane, è arrivato in Italia, dove è vissuto per circa due anni da solo. La moglie lo ha raggiunto dopo la nascita, in Albania, del figlio Amarildo, che oggi gioca nelle “giovanili” dell’Ostra Calcio.
La loro seconda figlia è nata nella nostra città.
Ilir Prendi, in Albania, dopo aver frequentato le scuole superiori, si era iscritto ad Ingegneria meccanica; ha imparato presto la nostra lingua, non ha avuto alcuna difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro. Oggi è un operaio metalmeccanico in forza ad una importante azienda locale.
“In Italia mi trovo benissimo”, anche se ammette di sentire un po’ di nostalgia per il suo Paese, dove ogni anno comunque si reca per trascorrere le ferie.
Ritiene di non aver avuto problemi di integrazione, anche se gli piace stare con la sua gente, parlare la sua lingua, per non perdere definitivamente il legame con la sua terra.
Infatti, Ilir non sa se il suo futuro sarà per sempre in Italia. E’ qui con i suoi familiari, i figli che frequentano le nostre scuole e che, con ogni probabilità, qui si fermeranno.
Forse questo renderà un po’ più difficile per lui tornare per sempre in Albania.

Mensur Verria da 17 anni vive in Italia. Sei anni a Milano, “dove ho fatto diversi mestieri” e poi dal 1999 ad Ostra, dove è stato raggiunto dalla moglie Vjollca (Viola in italiano) e dai suoi tre figli. Anche Mensur, come Ilir Prendi, è un albanese di Lushnje.
Dal 2003 è imprenditore edile. Fa parte di una cooperativa di cinque soci, che dà lavoro a sei operai. “Il lavoro va abbastanza bene”.
Non si lamenta, quindi, Mensur, che sembra non risentire più di tanto della gravissima crisi che attanaglia il settore. Nella lunga chiacchierata, a tutto campo, facciamo più di una incursione sull’Albania del tempo che fu, quella di Enver Hoxha, e su quella di oggi, di cui Mensur dice: “un Paese che sta rapidamente cambiando”. Parliamo anche di integrazione e, con molta tranquillità, Mensur dichiara che non ci sono problemi. Anche se è convinto che c’è sempre qualcuno a cui la presenza degli “stranieri” nel nostro Paese dà molto fastidio, magari perché “prendono le nostre case e poi perché ci rubano il lavoro”.
Mensur è invece convinto del contrario: “Noi immigrati facciamo per lo più lavori che voi italiani non volete più fare”. E’ un po’ quello che è successo non molti decenni fa ai nostri connazionali, compresi tanti ostrensi, costretti ad emigrare, primo per trovare un lavoro che in Italia non c’era, e poi proprio per fare lavori che svizzeri, tedeschi, belgi, francesi ed altri non volevano più fare.
Mensur pensa che agli immigrati che rispettano le leggi del Paese dove lavorano e pagano le tasse, oltre a questi elementari doveri, debbano giustamente essere riconosciuti anche i diritti, come quello della cittadinanza e del voto.
Facciamo una breve incursione anche nel campo della religione e scopriamo che Vjollca è cristiano ortodossa e Mensur musulmano. Questo non ha mai creato problemi nella loro vita in comune, perché ognuno è rispettoso della scelta dell’altro. Un bell’ esempio di tolleranza e rispetto, purtroppo non molto diffuso in troppi angoli di questo nostro martoriato Pianeta. Anche avere prospettive future diverse non costituisce un problema insuperabile. Vjollca, nella convinzione che i suoi tre figli (due femmine, una diplomata e iscritta all’Università di Ancona e gli altri due studenti delle scuole medie superiori) si fermeranno in Italia, vuol restare loro vicina.
Mensur, invece, pensa che un giorno ritornerà nel suo paese, dove vuole finire i suoi giorni.
E, soprattutto, si augura che un giorno i suoi figli, diplomati o laureati, possano lavorare in una Albania inserita a pieno titolo in Europa e dare il loro contributo per far crescere e sviluppare, nel Paese delle Aquile, non solo l’economia ma anche la democrazia.

Tahir Denjali viene dalla Macedonia, precisamente da Vesala (Tetovo), un paese di montagna, a 1.370 m. sul livello del mare dove, abbiamo verificato, la recente guerra è stata particolarmente devastante.
Era giunto ad Ostra nel febbraio 1995 per trascorrere qualche mese insieme al fratello, in Italia già da un anno. Le cose sono andate diversamente e Tahir, a distanza di quasi 15 anni, è ancora qui. Lavora nel settore dell’edilizia, con una importante azienda locale.
Aveva 25 anni quando è partito dalla Macedonia, dove era già sposato e aveva due figlie. Allorché è nata la terza, ha portato moglie e figlie in Italia, dove sei anni fa è nato il quarto figlio.
Gli chiedo se i suoi figli hanno qui le loro amicizie. Si, almeno fin quando hanno frequentato le scuole ad Ostra. Poi, gli incontri si sono diradati. E questo gli sembra del tutto normale. Gli chiedo ancora se un giorno ritornerà al suo Paese. “Per il momento è impossibile - risponde.
Non c’è molto lavoro, anche se la situazione sta lentamente migliorando”.
Comunque, ritornerebbe volentieri, perché l’Italia è lontana dalla Macedonia e i collegamenti, compresi quelli aerei, piuttosto complicati.
Il fatto che al suo Paese guadagnerebbe di meno che in Italia non lo preoccupa. E’ più importante, per lui, poter stare vicino alla sua città natale, magari anche ad una o due ore di macchina, e ritrovare ogni venerdì amici e parenti con cui trascorrere il tempo libero e le feste. Gli chiedo come mai ad Ostra raramente lo si veda con gente di altra nazionalità. Risponde: “La sera o nei fine settimana ci piace stare insieme tra conterranei, parlare la nostra lingua, fare qualche bevuta e anche qualche partita, ricordando e raccontando storie del nostro Paese, quelle di un tempo e di oggi. E certo non lo facciamo per appartarci.”
In Italia, almeno dalle nostre parti, non vede forme di razzismo. Ed anche per questo Tahir dice di trovarsi molto bene in Italia e di essersi integrato senza problemi. Qui c’è il lavoro e qui si può vivere. Se però si creeranno le condizioni, ritornerà per sempre al suo Paese, dove già si reca in paio di volte all’anno. Un Paese, la Macedonia, al quale si sente profondamente legato. E lascerebbe l’Italia senza rimpianti, pur serbando per sempre un ottimo ricordo dell’Italia e degli italiani.
Teresa Ruizyùska viene dalla Polonia, precisamente da Swidnica (Wroczan).
Da sette anni è in Italia, dove è venuta per ricongiungersi alla figlia, Caterina, diplomata ostetrica in Polonia, in Italia operaia in una fabbrica di plastica. Il marito e un altro figlio sono in Polonia, dove almeno due volte all’anno Teresa ritorna per brevi vacanze. Così, a percorso inverso, fa suo marito, operaio in fabbrica, che viene un paio di volte all’anno in Italia a trovare moglie e figlia.
In Italia Teresa si trova molto bene, si sente libera, guadagna quanto basta per vivere, le piace il clima e pure la lingua. Ma soprattutto perché ha incontrato, come badante, persone di grande umanità. Famiglie che l’hanno accolta e trattata come una persona di casa e dove non ha mai creato né avuto problemi. Su questo punto, Teresa è molto chiara: “Non vorrei essere trattata male e neppure come una “serva”. Rivendica con orgoglio la sua dignità di donna e di cittadina e, su questo punto, afferma di essere “del tutto intransigente”.
Teresa ci parla anche di sua figlia Caterina – da 12 anni in Italia - della sua speranza di poter esercitare un giorno la professione di ostetrica, quella per la quale ha studiato, delle numerose amicizie, di persone di diverse nazionalità, delle sue aspirazioni. Sua figlia Caterina, in fabbrica, ha un buon rapporto con i tanti lavoratori stranieri presenti. Un po’ meno buono è il rapporto con i lavoratori italiani, perché – afferma Teresa - tengono nei confronti della donna un atteggiamento che non le piace. Solo in questo Teresa avverte negli italiani una certa di forma di “razzismo” e, forse, anche per questo non sa se sua figlia vorrà restare per sempre in Italia.
Teresa descrive anche alcune tradizioni della sua Polonia, dove un matrimonio si trasforma in una lunga festa, ancorché semplice, che dura pure tre giorni interi e dove si mangia, si beve, si balla. E della vigilia di Natale, quando le famiglie vestite dei loro abiti migliori restano unite nella lunga veglia, davanti ad una tavola apparecchiata con una tovaglia bianca e imbandita con ogni ben di Dio. Poi, la prosecuzione della festa nel giorno di Natale, la tovaglia colorata e l’albero sotto il quale c’è un regalo per tutti, non importa se piccolo, e con un piatto pronto per un ospite che potrebbe arrivare.

Alcuni dati sulla immigrazione a Ostra

Paese di provenienza M F T
Macedonia 111 72 183
Romania 79 83 162
Albania 63 53 116
Cina 29 25 54
Bangladesh 14 5 19
Polonia 1 7 8

(I dati si riferiscono alla popolazione residente nel Comune di Ostra – dicembre 2009 -)


Generazione “né-né”

di Nicoletta Principi

Negli ultimi mesi la stampa nazionale si è occupata con diversi articoli della generazione chiamata “né-né”, vale a dire quella che né studia né lavora. Il fenomeno, oggetto di studio anche in Italia, interessa i giovani dai 18 ai 35 anni (circa 3 milioni di ragazzi), che si trovano nella condizione di “né-né” per diverse motivazioni. Molti di loro non lavorano perché un impiego non lo trovano, ora più che mai nel mezzo della crisi mondiale, o hanno smesso di cercarlo, scoraggiati da un sistema non meritocratico, fatto di raccomandati e persone che difendono le posizioni di rendita. Altri sono quelli che, dopo anni di borse di studio o stage non retribuiti, magari in giro per il mondo, si ritrovano a casa, disillusi e senza prospettive.
Ma ci sono anche i giovani che della loro inattività fanno una scelta, perché a studiare o lavorare non ci pensano proprio, tanto ci sono mamma e papà pronti a sostenerli. Così come quelli che, rapiti dal concetto che per riuscire non serve impegnarsi, temporeggiano aspettando la chiamata in qualche show che li farà diventare ricchi e famosi.
Ci si può allora domandare se la condizione di “né-né” sia dovuta anche alle precedenti generazioni che non riescono a trasmettere ai figli i concetti di ambizione, di impegno per la conquista di una posizione sociale, che dimostrano il bene mettendo a disposizione dei figli tutto e subito, o se le cause debbano primariamente essere ricercate nella tanto nominata società che non offre, non qualifica e non protegge.
Sarebbe interessante approfondire tale fenomeno nella nostra realtà; conoscere le storie dei giovani ostrensi, comprendere “da vicino” le diverse condizioni, comprese le motivazioni che portano a vivere nella condizione di “né-né”, anche per proporre possibili soluzioni o semplicemente per dar voce a idee e considerazioni di chi è calato nella situazione.
Come sempre, noi di” Buongiorno Ostra” siamo qui per ascoltare e riportare le testimonianze di voi giovani.

Alcuni dati sulla popolazione giovanile residente nel Comune di Ostra


Anno di nascita M F T
Dal 1974 al 1983 478 448 926
Dal 1984 al 1991 293 267 560