mercoledì 30 giugno 2010

Ostra e dintorni: la crisi occupazionale, qualche dato

Questo foglio torna a occuparsi della situazione economico-occupazionale nel nostro territorio, aggiungendo altre voci, questa volta soprattutto di imprenditori, a quelle cui abbiamo dato spazio nel numero precedente.
Ci guida la convinzione che troppe volte i giudizi si basino non su dati e testimonianze precise, ma sul “sentito dire”.
Partiamo dunque dai dati, fornitici questa volta dal Centro per l’Impiego, l’Orientamento e la Formazione (C.I.O.F.) della CGIL di Senigallia. I primi sono dati sintetici che comparano la situazione nel primo quadrimestre degli anni 2008, 2009 e 2010, considerato il fatto che non sono ancora disponibili i dati ISTAT nella loro entità definitiva.


________I quadr. 2008 __I quadr. 2009 __I quadr. 2010
Femmine ______295_________ 445__________ 541
Maschi ________219_________ 483__________ 394

totale ________ 514 _________ 928 __________935


Il quadro, che si riferisce alla situazione nel CIOF Senigalliese facendo riferimento tuttavia alla sola autocertificazione, riporta dati significativi per l’accelerazione e l’ampliamento del fenomeno, oltre che per il divario sempre più consistente tra disoccupazione maschile e femminile, a sfavore di quest’ultima.


Ma andiamo alla situazione dettagliata dei Comuni della Valle Misa-Nevola. È importante collocarli in un contesto più ampio e, in attesa dei dati definitivi del 2009, possiamo farci un’idea dell’andamento del tasso di disoccupazione in Italia e nelle Marche raffrontando il I trimestre degli anni 2008 e 2009

_________________ITALIA _____MARCHE
2009 (I trimestre) ____7,3% ____ 6,6%
2008 (I trimestre) ____6,1% ____ 4,5%

Il tasso di disoccupazione nelle Marche è inferiore a quello complessivo dell’Italia, ma come si vede ha avuto una più forte accelerazione nel 2009.
Il CIOF ci dice che il numero delle persone disoccupate è cresciuto notevolmente nel 2009 arrivando a 4.680 unità.Mancando di una specifica competenza di analisi dell’andamento demografico-occupazionale, ci limitiamo ai dati che parlano con maggiore evidenza.


Flusso dei disoccupati per Comune in rapporto alla popolazione in età lavorativa

Comune _______Femm. % _Maschi % _Totale %

Barbara __________4,73___ 4,05______ 4,39
Castel Colonna ____6,70___ 5,65______ 6,18

Castell. Suasa _____4,82___ 4,06______ 4,43
Corinaldo _________6,62___ 3,54______ 5,03
Monterado ________5,12___ 6,63______ 5,89
Ostra ____________3,37___ 3,09______ 3,23
Ostra Vetere______ 5,40___ 3,04 ______4,22
Ripe _____________6,62___ 5,28______ 5,95
Senigallia ________ 5,81___ 5,35______ 5,58
Serra de’ Conti ____5,33____5.92 ______5,63

totale ______5,55___4,94______ 5,25
(dati al 31/12/09 – Fonte JobAgency)

Leggendo tra i numeri possiamo registrare che i Comuni della Valle, con tre sole eccezioni, hanno una percentuale di disoccupazione inferiore a quella delle Marche e dell’Italia. Ostra occupa addirittura l’ultima posizione con la percentuale più bassa.
Anche questi dati confermano un fatto che storicamente si ripete. Le donne non solo hanno maggiore difficoltà a trovare un’occupazione, ma subiscono ancor più degli uomini il flusso di disoccupazione. Sul primo fenomeno incidono soprattutto la scarsità e il costo elevato dei servizi ai bambini in età prescolare, la difficoltà di conciliare impegni casa-famiglia con orari di lavoro. Sul secondo influisce la tipologia preminente di occupazione femminile nelle aziende manifatturiere dell’alimentazione e dell’abbigliamento. Quest’ultimo settore risulta oggi particolarmente in crisi per il diffondersi della delocalizzazione delle aziende in altri Paesi, della concorrenza nei processi di produzione e commercializzazione da parte dei paesi emergenti. Lo sanno bene le donne che hanno visto chiudere la maggior parte delle industrie di confezioni proprio nel territorio della Valle.
Non basta prendere atto della situazione. Occorre chiedersi che cosa si può e deve fare per riavviare il processo di sviluppo agendo sul volano del sostegno all’imprenditoria, sulla formazione e riconversione delle competenze dei lavoratori, sui servizi alle famiglie. Si tratta di un impegno che coinvolge tutti: le categorie imprenditoriali e lavorative, gli istituti finanziari, le istituzioni a partire dai Comuni. Questi ultimi, in particolare, debbono sviluppare il carattere consortile delle iniziative e dei servizi per rispondere meglio alle esigenze della crisi in atto, in termini di economicità, tempestività ed efficacia degli interventi.

Una locale ditta del settore dell’abbigliamento

Facendo seguito a quanto apparso nel precedente numero di Buongiorno Ostra, circa l’attuale situazione economica delle aziende locali, abbiamo raccolto la testimonianza di una ditta artigiana che è sul “campo di battaglia”.
La ditta di confezioni di abbigliamento di Ostra, nei prima anni dalla nascita (1986), ha vissuto il boom proprio del settore: continua crescita delle commesse di lavoro (fino a 20.000 capi a stagione) e conseguente aumento del personale: nel 1990, contava 12 dipendenti. Ma alla fine degli anni novanta per l’impresa inizia la crisi. In particolare, nel 1998, la principale ditta per cui lavorava ha trasferito la produzione all’estero, riducendo drasticamente le commesse e da allora ha dovuto ricercare continuamente il lavoro, accontentandosi spesso di quello di “seconda mano”, ovvero quello in cui i margini di guadagno sono bassissimi.
Oggi, la ditta artigiana è rimasta con 3 operaie e sta attraversando il periodo più difficile della sua storia e teme che il peggio ancora dovrà capitare se le condizioni non muteranno. In merito, la titolare ritiene che sia necessario lo sviluppo di più fattori, di seguito riepilogati, per migliorare la propria situazione e quella delle altre aziende del settore.
Innanzitutto, il mercato del tessile e dell’abbigliamento dovrebbe essere meglio regolamentato: la manodopera, in particolare quella straniera, va legalizzata, il sommerso va controllato, perchè fin tanto che sarà concesso il lavoro a coloro che non rispettano le regole, per le ditte locali sarà sempre più difficile sopravvivere. Il Governo, inoltre, dovrebbe provvedere a ridurre il costo dei dipendenti: finora, nei periodi in cui il lavoro non c’era, la ditta ha usufruito della cassa integrazione che le ha consentito di non licenziare le operaie, ma considerato che la stessa indennità sociale sta per esaurirsi, la titolare teme per il futuro delle proprie dipendenti.
Le banche dovrebbero essere più solidali con le piccole aziende; in questo momento critico stanno, invece, limitando la concessione del credito, soprattutto di quello commerciale che procura immediata liquidità all’azienda, come ad esempio le operazioni di anticipo delle fatture. A ciò, si aggiungono le difficoltà nel recuperare il credito vantato nei confronti dei sempre più numerosi clienti insolventi. Anche le locali associazioni di categoria che non sembra abbiano dato un impulso importante per la ripresa del settore, dovrebbero adoperarsi per meglio rappresentare le imprese nei “palazzi” che contano, a vantaggio del mercato dell’abbigliamento e del tessile. Infine, la titolare auspica una maggiore cooperazione tra le aziende locali che operano nel suo stesso settore.
Ma nonostante le quotidiane difficoltà, la continua ricerca del lavoro che “non sia una rimessa”, la titolare desidera continuare la sua attività, quella per cui ha impiegato la vita e confessa che oggi è la “tigna” che la fa andare avanti.

“La nostra terra è il mare"

Pelliccia srl dei fratelli Gabriele, Gianni e Adriano, impresa lavori marittimi, è nata con il maggiore dei tre fratelli, Gabriele, ben 47 anni fa. Gli inizi, come per tutti i giovani di allora, pieni di buona volontà, ma privi di specifiche esperienze, è cominciata come “fabbri di campagna”. E’ proseguita con gradualità, con grande impegno, fino ad arrivare al salto di qualità attorno alla metà degli anni ’80. Gabriele, un autentico “self made man”, nel corso di questi lunghi anni ha conosciuto tante imprese impegnate nei lavori sul mare. Il suo è stato un costante “apprendistato”, un incessante “corso di aggiornamento”. E, oggi, con una certa soddisfazione, ci dice che molti di questi colleghi li ha raggiunti e anche superati.
Grandi commesse per grandi lavori da eseguire con macchine poderose. Che escono dall’officina di Pianello dove lavorano attualmente circa 20 operai e quattro impiegati.
Altri operai, pochi delle nostre parti, si trovano sul cantiere del porto turistico di Fiumicino.
Altri ancora sul porto turistico della cooperativa pescatori di Salerno, cantiere al quale i fratelli Pelliccia forniscono le attrezzature.Lavoro complesso. Concorrenza anche internazionale. “Non è facile stare sul mercato.

Occorre essere molto competitivi ed avere personale molto qualificato”. E, almeno, per questa impresa di Pianello non sembra esserci aria di crisi. Tutt’altro. Tanto che Gabriele ci dice:”Si parla tanto di lavoro, di occupazione. Eppure se noi cerchiamo un operaio facciamo fatica a trovarlo”.
Nessun problema, e considerato ciò che si sente dire in giro, anche questa è una notizia, neppure con gli istituti di credito.
E’ soddisfatto il maggiore dei fratelli Pelliccia.
Ed è pure fiducioso per il futuro dell’azienda, che finirà molto probabilmente nelle mani di suo figlio e di suo nipote.

Dal biroccio al tavolo

Aristodemo Bernacchia, per gli amici “Nino”, è l’ultimo discendente di una famiglia che per secoli ha lavorato il legno. Naturalmente il nonno, il bisnonno e, per molti anni anche il babbo Santino, fabbricavano “birocci”. Poi, quel mercato si è esaurito e la ditta Bernacchia si è orientata sulla produzione di tavoli.
Nino è approdato alla bottega paterna, trasferitasi da Ostra a Pianello circa alla metà degli anni ’50, appena finiti gli esami di terza media. Quella di orientarsi sulla produzione di tavoli è stata certamente una felice intuizione, perché – “pur dovendo fare i conti con i mutevoli gusti del mercato” - il prodotto ha sempre tirato.
Dieci operai in fabbrica rappresentano una presenza costante; così come il lavoro decentrato a tante piccole aziende artigiane della nostra regione.
Anni fa la ditta esportava tavoli in molti paesi europei e anche in taluni extraeuropei; oggi il mercato è prevalentemente quello italiano. Con una eccezione: la Russia e anche un po’ di Siberia, dove grazie alla presenza di un nostro concittadino, che fa la spola tra l’Italia e Mosca, è nato un mercato interessante.
Molta produzione finisce a grossisti veneti, che rivendono in tutto il territorio nazionale.
L’azienda ha, comunque, suoi clienti, anche in regioni come la Sicilia, la Calabria e la Puglia, da dove partono molti carichi di tavoli per la Grecia.
Il lavoro, quindi, non manca. E’ necessario, però, adeguarsi continuamente ai prezzi della concorrenza internazionale, particolarmente quella dei paesi emergenti.
Ed anche il rapporto con le banche, particolarmente quella locale, è buono.
Una curiosità, infine. Una quindicina di anni fa, la ditta si era avventurata sul riciclaggio di materiale plastico. Una lavorazione quasi pionieristica per la nostra zona. La fabbrica lavorava 24 ore su 24, con macchine inevitabilmente rumorose. Troppo rumorose, almeno per le abitazioni vicine alla fabbrica. Conseguenti le proteste dei residenti.
E, dopo cinque-sei anni, inevitabile è stata la chiusura di questa interessante lavorazione.
Purtroppo è impossibile - conclude Bernacchia - far convivere le zone produttive con quelle abitative.

“Puntare su qualità ed eccellenza”

Un anno in salita, il 2010”. Comincia così la nostra chiacchierata con Fabio Luzi, titolare insieme al fratello Fabrizio, dell’azienda, nata 30 anni fa con il solo Fabio, mentre Fabrizio completava il corso degli studi.
Un tempo l’azienda occupava 11 operai. Oggi, con una crisi che “ci ha portato indietro di 15 anni”, ne sono rimasti 6, più i due fratelli.
Un 2010 che procede all’insegna della grande preoccupazione per molte aziende: ben 153, infatti nel senigalliese, afferma Fabio, Presidente della Confartigianato di Ostra e Ripe, hanno cessato quest’anno la loro attività.
Per superare la crisi, continua Luzi, è necessario puntare sulla qualità e sulle eccellenze, requisiti in possesso delle nostre piccole e medie imprese. Qualità che deve essere ricercata in tutti i campi e pretesa non solo dai produttori, ma anche dai consumatori. Non è tempo di piangersi addosso. Dobbiamo avere stima di noi stessi, credere nelle nostre capacità. La nostra, certo non da oggi, è “una civiltà delle eccellenze”. Patrimonio che dovremo non solo conservare, ma anche accrescere, difendendo l’artigianato, fatto di una infinità di piccole imprese, “motori inossidabili”, che sanno trasmettere valori, tradizioni, impegno ed entusiasmo.
Questo il “messaggio” che Fabio Luzi lancia alle centinaia di suoi colleghi, ai quali chiede di credere che “lavorare non significa solamente produrre reddito, ma significa anche produrre qualità ed eccellenza, affinché il consumatore rifiuti il brutto e il mediocre e scelga il “made in Italy”. Per uscire dalla crisi serve più professionalità, più capacità imprenditoriale. Se vogliamo, questo è il segreto per ritornare ad avere un territorio più forte e assicurare un futuro alle nostre famiglie ed in particolare ai giovani”.

Edilizia: timida ripresa

Carlo Paradisi, dell’impresa “Paradisi costruzioni”, sottolinea che tra il 2007 e il 2008 la crisi edilizia è stata rilevante e ha visto il crollo verticale delle vendite.
Una lieve ripresa si è registrata nel corso del 2009 concretizzando la quantità delle vendite tra la fine del 2009 e il primo semestre del 2010.
Naturalmente la debolezza del mercato ha avuto riflessi pesanti sull’occupazione e ha richiesto all’Azienda una strategia volta a un’oculata gestione del personale. Mentre tecnici e amministrativi hanno potuto mantenere il posto di lavoro attraverso una gestione flessibile dell’orario e un accorto utilizzo della cassa integrazione, sul versante degli operai si è cercato egualmente di evitare il licenziamento, ma non si è potuto rinnovare i contratti a termine.
Nonostante la ripresa, nulla è più come prima. Se la richiesta di informazioni è dinamica e vivace, l’interesse all’acquisto della casa si concretizza con più difficoltà in un atto di compra-vendita.
Inoltre l’imprenditore è molto più attento e accorto nella trattativa in quanto non è più lui a dettare le condizioni, ma un mercato dove la concorrenza e la conseguente tendenza a ridurre il prezzo sono dominanti.
Certamente è cambiato anche il rapporto con gli istituti finanziari, che esigono ben più solide garanzie sia all’acquirente che alle imprese. Le banche non rifiutano il loro sostegno alle imprese, ma sono loro a dettare le condizioni e non sono più disposte alla copertura totale del debito, ma solo a sostenerne una quota.
Per l’edilizia si aprono comunque orizzonti molto interessanti, soprattutto nell’ambito delle nuove tecnologie richieste dalle disposizioni, oggi assai difformi da regione a regione, sulle caratteristiche termiche delle abitazioni. Se fino a ieri era richiesto alle nuove costruzioni la più bassa dispersione possibile di calore, oggi il criterio ormai affermato riguarda il più basso consumo energetico possibile.
È un processo di innovazione destinato a valorizzare l’obiettivo dello sviluppo sostenibile nell’ambito dell’edilizia con importanti riflessi tecnologici, occupazionali e di mercato.

Maledetta viabilità

Ma chi l’ha detto che una piccola minoranza di cittadini indisciplinati debba avere il sopravvento su centinaia di persone, di cui molti anziani e bambini, costrette a fare slalom tra le macchine in soste e quelle di passaggio, a loro rischio e pericolo?
E’ quanto succede ad Ostra, e non solo nel centro storico dove, da un’infinità di anni, imperversa “sosta selvaggia”.
I segnali, sembra ovvio ma non lo è, vanno rispettati. E chi non li rispetta è giusto che venga punito con una ammenda. Se invece non si vuole o non si riesce a farli rispettare, è più corretto e giusto toglierli. La storiella che ci sono pochi Vigili Urbani, o che quelli che ci sono non hanno il tempo per effettuare i controlli, non regge. In verità non c’è alcuna volontà di affrontare decisamente il problema. Se i controlli venissero attuati sistematicamente, almeno per un certo periodo, in breve tempo la situazione si “regolarizzerebbe”.
La critica non riguarda soltanto gli attuali amministratori, perché nessuno, neppure nel passato più remoto, è mai riuscito a debellare questo “fenomeno”. Che - a ben guardare – è tutto ostrense: gli altri paesi a noi vicini, infatti, hanno saputo affrontarlo e risolverlo.
Da qualche mese è al lavoro una commissione appositamente costituita per affrontare il problema. L’unica soluzione ipotizzata sembra riguardare, per il momento, la sola Via Gramsci. E non si capisce perché non anche Corso Mazzini, ed altre vie, come un bel tratto di Viale Matteotti, dove il problema è altrettanto pesante. Lungo il Viale, dopo il semaforo, si dovrebbe parcheggiare solo su un lato. Meglio ancora sarebbe utilizzare, per la sosta, l’ampio piazzale davanti alla Chiesa dei Cappuccini.
Provo ora ad avanzare due proposte: una per Via Gramsci, dove andrebbero posizionati due paletti e una catenella all’imbocco, altezza Foto Ubaldi-Edicola Barchiesi. Si parcheggia in Piazza Grande, dove ausiliari del traffico (ecco l’altra proposta) controllano il disco orario.
Altro comodo e ampio parcheggio anche in Largo XXVI Luglio dove, almeno fino al Cippo dei Partigiani, vige il disco orario.Si istituisce una pensilina a fianco dell’ex panificio Sdruccioli, dove verranno posizionati carrelli porta spesa. Cominciamo da qui. E poi andiamo avanti, sapendo perfettamente che ci sarà chi condivide e chi, invece, sarà decisamente contrario. La peggiore delle decisioni, però, resta sempre quella di non decidere
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Bruno Landi