venerdì 30 ottobre 2009

Giuliano Perlini

Giuliano Perlini, classe 1941, è emigrato in Svizzera a 17 anni insieme un altro ragazzo: Altero Manoni. Aveva già un lavoro che l’aspettava in una fabbrica di tessitura, nel Cantone di Zurigo, precisamente a Wadeswil, dove è rimasto per circa 15 anni.
La fabbrica, un edificio di cinque piani, comprendeva anche alcuni “appartamenti” riservati agli operai della ditta: uno di questi era abitato da Giuliano che lo divideva con altri otto compagni di lavoro. Il padrone della fabbrica era molto cordiale e, in occasione delle festività natalizie, passava tra i dipendenti per fare gli auguri e, dopo le ferie, per sapere dove erano state trascorse e se tutto era andato bene.
Dopo cinque anni, Giuliano si sposa e porta sua moglie in Svizzera: Rita lavorerà nella stessa fabbrica del marito. Insieme andranno ad abitare in un altro appartamento, in una frazione di Wadeswil. Il salario era ottimo, se raffrontato con quello di un operaio italiano. Erano buoni anche i rapporti con gli svizzeri, non solo sul posto di lavoro. Giuliano, in questo, era avvantaggiato dal fatto che era riuscito in un tempo ragionevole ad imparare la lingua. Non ricorda di essere mai stato insultato. Però, ammette di aver sentito insulti nei confronti di altri italiani, i quali complessivamente erano mal visti. Soprattutto in quel periodo in cui un movimento razzista, lo “Swhenbach”, aveva indetto un referendum per cacciare tutti gli stranieri. Ma il pensiero degli xenofobi era rivolto soprattutto agli italiani, in quanto rappresentavano la stragrande maggioranza degli stranieri presenti in Svizzera. Le altre comunità, spagnoli e turchi, rappresentavano infatti solo una piccola minoranza
.

Nessun commento: