venerdì 30 ottobre 2009

Due emigrati ostrensi

di Nicoletta Principi

Su invito fatto nell’ultimo numero di Buongiorno Ostra nell’articolo “Quando gli emigranti eravamo noi”, ho raccolto le testimonianze di due emigrati ostrensi.

Guido Marchetti,appena maggiorenne, decide di emigrare e lasciare la numerosa famiglia (quarto di sette fratelli) per imparare un nuovo mestiere, non sentendosi pienamente realizzato dal lavoro di mezzadro che svolgeva ad Ostra, né condividendo la regola di dover dividere il raccolto con il “padrone”. Era il 1958 quando Guido, da solo, raggiunge per la prima volta la Svizzera, precisamente Aarau, cittadina del cantone Argovia, di lingua tedesca. Arriva con pochi soldi e trascorre la prima settimana “chiuso” nella casa dello zio, perché la polizia svizzera era solita controllare gli stranieri e rispedirli a casa, mettendo il visto rosso sul passaporto, se venivano trovati senza denaro a sufficienza.
Lavora prima in una fabbrica di ottone, poi in un’altra ditta dove si occupa di lucidare le lamiere di zinco e alluminio. Di quell’azienda, dove resta per 9 anni, conserva un ottimo ricordo: lavora molto, con turni intensi (per due giorni alla settimana dalle 6 alle 22) e rammenta ancora i freddi e innevati inverni, con temperature che scendevano fino a 31° sotto lo zero, mentre in bicicletta raggiungeva il lavoro. I sacrifici sono però ripagati sia dal buono stipendio sia dalla stima e fiducia che i titolari dell’azienda gli riservano. Infatti gli italiani erano più abituati al sacrificio e lavoravano più degli svizzeri che per questo canzonavano gli italiani, senza però eccedere in episodi di razzismo.
Della gente svizzera ha un buon ricordo. Prima che la moglie lo raggiunga, nel 1963, Guido vive in una casa in affitto dove la proprietaria gli prepara da mangiare, un gesto che lo fa sentire accettato e ben voluto. Ricorda anche la disciplina e il senso civico degli svizzeri, il rispetto per le regole, il senso di prevenzione. Per esempio, erano già previste le cinture di sicurezza e le guardie svizzere multavano chi lasciava le automobili non chiuse a chiave perché il fatto poteva favorire la delinquenza. Un rigore, quello degli svizzeri, a volte eccessivo, tant’è che Guido non poteva acquistare un giornale italiano in cui fossero trattate questioni politiche perché, se lo avesse fatto e fosse stato scoperto, sarebbe stato rispedito in patria. Tuttavia Guido e la sua famiglia, moglie e figlia che nasce ad Aarau, partecipano poco alla vita della cittadina svizzera, complice anche la difficoltà di parlare e capire la lingua tedesca.
Nei pochi momenti di svago, generalmente il sabato sera, si ritrovano nelle case di altri emigrati italiani e a volte visitano le vicine città come Zurigo e Basilea.
E’ il 1968 quando Guido e la famiglia tornano ad Ostra perché il costo della vita in Svizzera è elevato e non riescono a risparmiare molto.

Anche Enzo Cioccolanti, all’età di 23 anni, lascia Ostra per raggiungere la Svizzera. Parte con un amico, stanco di lavorare duro nei campi e guadagnare poco o niente. Enzo arriva in Svizzera nel 1963, nel comune di Richterswil del cantone Zurigo. Nei primi 18 giorni non trova lavoro, complice anche un’annata particolarmente fredda cha ha gelato il lago di Zurigo e temporaneamente paralizzato la ricerca di manodopera e proprio quando, scoraggiato, pensa di tornare a casa, trova impiego in una fabbrica che produce tovaglie. Ma il lavoro non è ben retribuito e dopo 4 anni, decide di cambiare e andare a lavorare in una ditta di montaggio di serrande, dove resta per 7 anni. Con nostalgia ricorda che il titolare della ditta lo stimava molto, gli aveva affidato la macchina aziendale ed era apprezzato anche dai colleghi svizzeri. La moglie, nel 1967, lo raggiunge e, con la nascita della prima figlia, per guadagnare di più, Enzo svolge anche un altro lavoro: nel tempo libero vende frutta ad un supermercato e impara così molto bene a parlare e capire la lingua tedesca. Anche la famiglia è ben integrata, vivono in affitto in un appartamento di un condomino con altre 16 famiglie tutte svizzere; la moglie è casalinga e si prende cura dei figli dei vicini; la figlia frequenta, anche se per un breve periodo, l’asilo pubblico.
Nel 1974, a causa di questioni familiari, torna con la famiglia ad Ostra.
Enzo confida che l’esperienza da emigrato gli ha regalato molte soddisfazioni, sia umane che professionali e che sarebbe rimasto volentieri nella terra non più straniera, la Svizzera!.

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