domenica 31 ottobre 2010

Il patto di stabilità

di Stefano Neri

In quest'ultimo periodo, si sta discutendo molto del patto di stabilità che condiziona in maniera importante la possibilità per gli amministratori degli enti locali di portare avanti le proprie scelte politico / amministrative.
Sulla base delle mie conoscenze, provo a spiegare ai lettori cos’è il patto di stabilità e come funziona.
Il patto trae le sue origini dalla necessità di garantire l’equilibrio delle finanze pubbliche dei vari stati aderenti all’Unione Europea (Patto di Stabilità e Crescita). Per raggiungere quest’equilibrio, in Italia, da diversi anni, lo stato ha coinvolto le regioni e gli enti locali assegnando loro specifici obiettivi attraverso il Patto di Stabilità Interno.
Si tratta di un meccanismo di calcolo che, ripescando alcuni dati di bilancio, mette insieme il saldo, tra entrate e uscite, della spesa corrente, contabilizzata con il principio di competenza, ed il saldo della spesa per investimenti, contabilizzata con il principio della cassa, vale a dire pagamenti ed incassi dell’anno. Dal calcolo finale deve risultare ogni anno un saldo finanziario positivo per un importo predeterminato e via via crescente. Tale meccanismo di calcolo non considera le entrate da assunzione dei mutui e le relative uscite per rimborso dei prestiti.
In sostanza, per quanto riguarda le spese in conto capitale, tra cui le opere pubbliche, ai soli fini del calcolo del rispetto del patto di stabilità, le entrate conteggiabili sono costituite solamente da:
- entrate in conto capitale (come gli oneri d’urbanizzazione)
- contributi in conto capitale a valere sulle opere da realizzare (contributi pubblici)
- entrate da vendite di beni costituenti il patrimonio comunale
E’ facile intuire che, se fino a pochi anni fa, per la realizzazione di un’opera pubblica, si poteva ricorrere all’accensione di un mutuo pubblico, l’esclusione dell’entrata derivante da quel mutuo dal meccanismo di calcolo, determina ora la quasi impossibilità di effettuare investimenti in opere pubbliche senza sforare il patto di stabilità (e subirne le pesanti conseguenze ad esso associate), salvo che non si disponga di elevate entrate in conto capitale (oneri di urbanizzazione), che s’inizi a dismettere il patrimonio pubblico dell’ente in favore di nuove opere oppure che l’opera sia in gran parte finanziata da contributi pubblici.
Poiché per le spese in conto capitale il calcolo è effettuato con il principio della “cassa” (vale a dire entrate ed uscite effettivamente registrate nell’anno), in passato alcuni amministratori di enti locali hanno cercato di superare l’ostacolo disponendo ugualmente la realizzazione delle opere, sicuramente necessarie, e rimandando all’anno successivo la maggior parte dei pagamenti riferiti a quell’opera, nell'attesa di individuare altre entrate (diverse dai mutui) che, ai soli fini del rispetto del patto di stabilità, potevano poi consentire l’esecuzione dei pagamenti rinviati.
Nel nostro Comune, da quanto è risultato da una recente dichiarazione dell’Assessore al Bilancio - Barigelli, pubblicata sulla stampa, sembra che negli anni scorsi, per riuscire a rispettare il patto di stabilità, sia avvenuto proprio questo. Si parla, infatti, di spostamento agli anni successivi di pagamenti per circa 660 mila euro per la ristrutturazione della scuola “Crocioni”.
Un modo corretto per rispettare il patto di stabilità, senza creare questi problemi futuri, che prima o poi sarebbero arrivati al pettine, sarebbe stato invece quello di prevedere un saldo positivo nella parte corrente del bilancio, attraverso una forte riduzione delle spese correnti. Tale saldo positivo, avrebbe potuto contribuire, ai fini del calcolo, al raggiungimento dell’obiettivo fissato dal patto di stabilità, senza dover rimandare i pagamenti dovuti.
Da questo punto di vista, purtroppo, negli anni passati, non si è operata questa scelta; anzi, grazie anche alle elevate entrate derivanti dagli oneri di urbanizzazione dovute al boom dell’edilizia (più di tre milioni di euro nei vari anni), le spese correnti hanno viaggiato sempre a ritmi fin troppo elevati e si è ricorso più volte all’utilizzo di parte delle entrate derivanti dagli oneri di urbanizzazione per coprire tali spese.
Ora, leggendo il bilancio di previsione 2010 del nostro Comune, si nota un cambiamento di rotta ed un riequilibrio della parte corrente di bilancio ma è ormai evidente che, a forza di ridurre le spese correnti, si sta ormai raschiando il fondo del barile.
A peggiorare la situazione è intervenuta la recente manovra dello scorso Luglio che, per contrastare la costante crescita del debito pubblico, ha ridotto notevolmente i trasferimenti dello stato a favore di regioni, province e comuni (a minori entrate dovranno corrispondere ulteriori riduzioni di spese correnti in aggiunta a quelle già operate, se si vuole mantenere sempre l’equilibrio di parte corrente).
Gli amministratori locali, a qualsiasi parte politica appartengano, sono tutti concordi nel giudicare l’ultima manovra di Luglio insostenibile per i bilanci degli enti locali ed hanno annunciato inevitabili tagli ai servizi.
Gli stessi amministratori chiedono a gran voce una revisione del meccanismo di calcolo del patto di stabilità che, così come concepito, sta limitando fortemente gli investimenti in opere pubbliche da parte degli enti locali. Da un recente convegno organizzato dalla provincia di Macerata, è emerso che sarebbero ben 90 milioni di euro le risorse che nel 2009 gli enti locali delle Marche (esclusi i comuni con meno di 5000 abitanti, estranei al patto di stabilità) non hanno investito in opere pubbliche o beni e servizi.
Nello stesso convegno è anche emersa la necessità, da parte delle amministrazioni pubbliche locali, di poter contare su risorse stabili nel lungo periodo, così da permettere una programmazione di medio e lungo termine degli investimenti.
Alla stato attuale, come riferito anche dall’Assessore Barigelli in un suo recente articolo di stampa, si conoscono i tagli operati dall’ultima manovra di Luglio mentre non si conosce ancora l’entità delle entrate per il 2011 derivanti dall’attuazione del federalismo fiscale che, almeno in parte, dovrebbero compensare questi tagli.
Si ritiene che queste informazioni debbano essere conosciute dai cittadini ostrensi affinché sia chiaro a tutti che, purtroppo, siamo entrati in un periodo di “vacche magre”. Dovremo tutti affrontare dei sacrifici e, molto probabilmente, dovremo rinunciare per il momento alla realizzazione di alcune opere pubbliche in attesa di periodi migliori che spero possano arrivare in tempi non troppo lunghi.

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